Prima Domenica di Avvento
NOÈ
Segno della domenica: La nave
Noè era un buon pastore che stava con le pecore ore e ore. Di giorno al pascolo al fiume; di notte in stalla a luce di lume.
Lui conosceva le pecore sue. Loro la voce del pastore pure.
Dormivano nell’ovile con pecore di altri pastori, ma al mattino presto, per andare tutte fuori, Noè col bastone entrava nell’ovile e solo le sue eran pronte in due file.
“È lui! È il nostro pastore buono. È proprio un brav’uomo!”
A Noè piaceva il suo mestiere e non lo avrebbe cambiato affatto, ma in quei giorni avrebbe voluto essere carpentiere o falegname per saper segare, piallare, inchiodare assi e tavole di legno per una nave da costruire. Una nave vera lui sognava.
Era successo qualche tempo prima.
Sono quelle cose che succedono agli uomini buoni, ai brav’uomini. Perché un brav’uomo è di solito anche giusto.
Noè, l’uomo che vuole bene alle sue pecore, ha imparato a voler bene anche a Dio.
Ed era successo qualche tempo prima.
Noè conosceva Dio e lo chiamava per nome. Dio conosceva Noè e lo conosceva eccome! E così, come si fa con gli amici, Dio gli aveva confidato un segreto. Noè era seduto sul greto del fiume e Dio gli aveva svelato questo segreto.
“Ah Noè, Noè! Questo è un giorno triste per me. Mi sento
come una mamma, che non sa cosa fare con i suoi figli disubbidienti. Io parlo e gli uomini non mi ascoltano. Neanche mi guardano in faccia.”
“Ma tu sei un Dio invisibile!
Come fanno a guardarti il viso?”
“Ma neanche mi cercano. Non mi chiamano mai. Non mi amano mai. Non mi alzano mani di preghiera. Non so cosa fare. Si odiano tra di loro. Fanno a gara a chi fa le cose più brutte. Prendono di nascosto, rompono cose nuove e cose già rotte, danno cose amare da bere ai figli, regalano alle mogli collane di serpenti velenosi, dicono bugie e danno agli ospiti frutti già marciti. Li ho chiamati tante volte; non mi hanno mai sentito. Ci ho pensato molto. Serve una punizione.”
“Ti prego, perdona ancora una volta questi tuoi figli!” lo
supplica Noè, che si era prostrato fino a terra.
“Poiché tu me lo chiedi, darò un’altra possibilità a questa umanità. Resteranno a vivere su questa terra, sotto questo cielo, tra le altre creature belle che continuo a generare ogni giorno. Ma la punizione serve perché l’uomo cambi. Cambi. E ambedue; maschio e femmina devono cambiare. Ci sarà un diluvio di acqua, tutto cancellerà, ma poi tornerà sulla terra l’umanità.”
“Un diluvio? Un’alluvione?”
“Sì, acque di sopra e anche i serbatoi di sotto si apriranno.
Dovranno serbare questo ricordo. La terra conserverà questo ricordo.
E l’umanità saprà ciò che ho fatto.”
“Attenzione! Attenzione!” gridava Noè per le strade dei villaggi, per i tratturi della campagna, sulle rive dell’Eufrate e sul greto del Tigri. Ma solo i pesci lo ascoltavano.
“Venite! Adoriamo il Signore! È lui che ci ha creati!”
“Ma cosa vuoi, Noè! Ho da fare! Non vedi che devo arare il campo? Sennò i frutti chi me li dà? Lasciami in pace!”
“Ascoltate la voce del nostro Dio, solo in lui c’è salvezza!”
“Lasciami stare, Noè! Sono stanco; quello che mi serve ora è stare con i miei amici in osteria, raccontarcela e non pensare a niente.”
“Il Signore sta per arrivare; preparatevi, chiedete scusa per le vostre brutte azioni!”
“Scusa Noè, ma chi sta per arrivare? Il Signore? Ma chi?
Il re di Babele? O il re del Sud? Di quale Signore parli?”
E così Noè chiese a un carpentiere e a un falegname di costruirgli una nave. Prese la chiave e a nessuno la diede.
Nessuno sulla nave mise mai piede. Ma zoccoli, zampe, artigli di animali creati in bellezza da Dio calcarono un palcoscenico mai più visto. Un teatro galleggiante. E naturalmente le sue pecore tamburellavano su quel pavimento di legno.
Noè era un buon pastore che stava con le pecore ore e ore.
Di giorno sul ponte della nave; di notte in stalla a luce di lume.
Di notte riposando sul fieno; di giorno aspettando l’arcobaleno.